Terapie avanzate in oncologia: sogno o realtà?

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Già oggi, il 50 per cento dei pazienti oncologici viene trattato con farmaci di nuova generazione. Ma a differenza dei passaggi che precedono il ricorso alla chemioterapia, per essere certi che questi trattamenti siano i più indicati c’è un altro step da raggiungere: la diagnosi di precisione. Il miglioramento dello standard diagnostico e l’ampliamento del bagaglio dei nuovi farmaci rappresentano metà del programma che la comunità scientifica intende realizzare nei prossimi dieci anni. L’altra quota parte è rappresentata dalla scoperta dei meccanismi responsabile della resistenza alle cure. «Una volta raggiunti questi step, potremo dire di aver aggiunto un altro tassello importante nella lotta al cancro», afferma Pier Giuseppe Pelicci, direttore della ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia, presentando il convegno sulla medicina personalizzata organizzato per il 16 ottobre a Milano da Fondazione Umberto Veronesi e Fondazione Tronchetti Provera. «In questo avremo molte più probabilità di sopravvivere al cancro. O, quanto meno, di conviverci».

Lotta ai tumori: cinque cose da ricordare dal mondo della ricerca

NUOVE FRONTIERE DELLE CURE ONCOLOGICHE

Fino a una decina di anni fa, i tumori potevano essere affrontati attraverso l’approccio chirurgico, chemioterapico e radioterapico. Tre strategie che, integrate tra loro, hanno consentito di raggiungere ottimi risultati. La svolta però la si è avuta quando la medicina ha spostato l’attenzione sul Dna e sul sistema immunitario. Il primo passo in avanti è stato compiuto dopo aver scoperto che le cellule tumorali esprimono alcuni «bersagli» specifici – differenti per ogni tumore e, in alcuni casi, anche tra quelli a carico di uno stesso organo – sulla propria superficie. Prodromo del secondo, invece, è stato l’aver verificato che le nostre difese possono essere «istruite» per riconoscere ed eliminare le cellule cancerose. Queste due soluzioni hanno ampliato il ventaglio di opportunità terapeutiche contro i tumori. «Al momento queste opzioni vengono utilizzate all’incirca dal cinquanta per cento dei pazienti», aggiunge Pelicci, per circoscrivere quanto significativo sia stato il cambio di rotta negli ultimi vent’anni. Di questi farmaci, la metà sono registrati e approvati: dunque disponibili ovunque. La restante quota è invece in sperimentazione. Per poter farvi ricorso, occorre entrare in un «trial» clinico. A seconda del tumore, oltre che della disponibilità di nuove molecole, l’arruolamento dei pazienti può essere aperto in uno o più centri.                                    fonte  https://www.fondazioneveronesi.it