Tra verità e fake news, cade la fiducia nel giornalismo

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A discutere la situazione attuale il Presidente Censis Giuseppe De Rita, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria Andrea Martella e il direttore Agi Mario Sechi. Tutti d’accordo sull’importanza di una “buona e corretta” informazione e del ruolo centrale che possono svolgere i professionisti dei media, tuttavia tutti ritengono che l’Italia non sia un paese ideale, e che anzi la situazione sia peggiorata negli ultimi anni. Il 70% degli italiani pensa che i giornalisti facciano poco per veicolare un’informazione corretta e professionale: un ritratto aggravato dal 58,8% degli intervistati che vede i giornalisti più orientati a generare traffico piuttosto che a veicolare una buona e corretta informazione.

“Il sistema editoriale attraversa da almeno un decennio una crisi finanziaria profonda, che ha ormai assunto caratteri strutturali. Allo stesso tempo sono mutati i suoi connotati fondamentali” – ha dichiarato il Sottosegretario Martella – “Con riferimento all’informazione primaria, la sua natura di bene pubblico non solo giustifica, ma implica necessariamente un intervento statale. Il mio impegno sarà orientato a verificare tutte le possibili soluzioni, anche di natura legislativa, idonee ad assicurare il necessario sostegno al comparto delle agenzie di stampa, nel rispetto del principio del pluralismo dell’informazione”.

Malgrado il giudizio negativo, i cittadini sostengono che “la capacità di raccontare, la completezza, il pensiero critico, la serenità di giudizi” siano prerogative esclusive dei giornalisti (il 69 %) e il 52,7% ritiene che la navigazione casuale in internet non possa sostituire la lettura sistematica di un quotidiano. Per la verità, più l’età avanza, più gli italiani sono propensi a reperire le informazioni dai media tradizionali. I giovani invece leggono poco i giornali e si informano maggiormente attraverso i social media.

“Da questa ricerca emerge chiaramente il ruolo delicatissimo di noi professionisti dell’informazione, in bilico tra la questione della disintermediazione e il mercato delle notizie, sempre più competitivo e alimentato da esigenze di immediatezza, straordinarietà, appeal del contenuto” – commenta il direttore Agi Mario Sechi – “Gli italiani ci lanciano un messaggio chiaro e preciso: abbiamo bisogno di voi, ma dovete cambiare. Ed è proprio in questa direzione che Agi intende procedere, con un modo di fare e raccontare l’informazione più vicino ai lettori, alle aziende, alle istituzioni. Per questo, oltre alle developing stories che consentono di vedere come una storia cresce e si evolve, per l’inizio del nuovo anno Agi metterà a disposizione una nuova e vasta gamma di prodotti, dai notiziari verticali ai podcast e alle newsletter dedicati alla politica, l’economia, la scienza, l’energia, il cibo e la mobilità sostenibile”.

Riguardo alla tecnologia, è emerso un fatto interessante. Se il sito si carica in un secondo, non ci sono problemi, se occorrono più di quattro secondi, la gente non aspetta (la conversione cala 10 volte). Ci sono i dubbi sull’uso dell’Intelligenza Artificiale (AI) nel giornalismo. Solo il 14%, infatti, prova emozioni positive rispetto alla possibilità che, grazie all’AI, gli articoli di giornale possano essere scritti in modo automatico senza il ricorso a giornalisti, con un 42,8% che lo ritiene “inquietante”. Queste resistenze sembrano ridursi, con un 48% di favorevoli, nel momento in cui si restringe il campo ad ambiti di lavoro che appaiono effettivamente standardizzabili, come le previsioni del tempo, la borsa, gli eventi sportivi e i risultati elettorali.
Il tema, di molti recenti dibattiti, è quella delle fake news. Anche il rapporto non poteva escludere questo argomento. Per il 77,8% degli italiani quello delle fake news è un fenomeno pericoloso, anche perché a oltre il 50% degli utenti è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete.

Le persone più istruite, inoltre, ritengono che le fake news sul web vengano create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che possano favorire in qualche modo derive populiste (69,4%). Una particolare sensibilità riguarda il tema della salute: quasi 9 milioni di italiani ritengono di essere stati vittima di fake news in materia sanitaria nel 2019. Tuttavia è molto difficile tracciare una frontiera tra fake news e propaganda politica, e le opinioni che si allontanano dal mainstream vengono spesso definite come “fake”.

Non è emerso nel dibattito a Milano, ma da una ricerca dell’OSCE, che la maggioranza dei ventenni italiani, 15 su 20, non è in grado di distinguere un fatto da un’opinione. Stando così le cose è molto facile far circolare notizie attraenti ma false. Forse solo con l’intelligenza artificiale si potrà risolvere il problema delle fake news?

Ad ogni modo, il 63 % degli italiani, soprattutto le donne (66.3 %), è d’accordo che “il futuro del giornalismo sta nel dialogo con i lettori (social media, blog, giornali on line) e non nella semplice pubblicazione di articoli”. Quindi dialogate, ma senza fake news.