Tumore della vescica: più casi tra le donne per colpa del fumo

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sigarette
Close-up Of A Woman's Hand Holding Broken Cigarette

Rimane una peculiarità maschile, perché ai principali fattori di rischio risultano esposti perlopiù gli uomini. Ma del tumore della vescica preoccupa l’aumento di diffusione tra le donne. Note sono le ragioni alla base di questo trend di crescita. Un caso su 2 – sono 57mila le donne in Italia colpite dalla malattia, 5.700 soltanto nel 2019 – sarebbe infatti determinato dall’aumento dell’abitudine al fumo, responsabile anche dell’analogo trend registrato nei tumori del polmone e del pancreas. «Fumare aumenta il rischio di ammalarsi fino a cinque volte – avverte Walter Artibani, segretario generale della Società Italiana di Urologia -. Rinunciare alle sigarette rappresenta la prima azione per prevenire l’insorgenza di un tumore della vescica. Ma a una ex fumatrice possono servire fino a quindici anni per riportare le percentuali di rischio allo stesso livello di quelle delle non fumatrici».
TUMORE DELLA VESCICA:
COME FARE PREVENZIONE?

DIAGNOSI TARDIVE TRA LE DONNE

Fari puntati sul tumore della vescica tra le donne, nel corso dell’ultimo congresso della Società Italiana di Urologia. Per due ragioni. Una riguarda l’aumento di diffusione nel genere femminile. L’altra la maggiore difficoltà di cura della malattia, quando ad ammalarsi è una donna. Colpa di un ritardo diagnostico più ricorrente, dovuto alla sottostima del sanguinamento. Un discorso legato alla fisiologia delle donne, abituate alla regolarità del ciclo mestruale. E talvolta portate, con l’eventuale complicità del medico di base, a sottostimare una cistite emorragica. Circostanza che invece non si verifica nell’uomo, meno avvezzo a incontrare regolarmente l’urologo: ma pronto a interpellarlo a fronte di un evidente campanello d’allarme, qual è la presenza di sangue nelle urine. «In questi casi occorre sempre chiarire le cause del sanguinamento – precisa Artibani -. Le indagini hanno come obbiettivo escludere la presenza di un tumore della vescica. O, quanto meno, giungere a una diagnosi quanto più precoce possibile. In primis occorre sottoporsi a un’ecografia addominopelvica, che poi può essere completata da una citologia urinaria e da una cistoscopia».

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CHIRURGIA SPESSO DEMOLITIVA

Arrivare prima alla diagnosi significa garantire alla donna maggiori chance di cura. Oltre alla possibilità di preservare la propria qualità di vita. Scoprire una malattia in fase più avanzata vuol dire andare incontro a un intervento demolitivo. «In queste pazienti è più probabile che si rilevi un tumore che ha infiltrato la parete muscolare – dichiara Giuseppe Carrieri, direttore del dipartimento di assistenza integrata nefro-urologica degli ospedali Riuniti di Foggia -. Le linee guida prevedono l’asportazione dell’organo e, se necessario, dei linfonodi. La vescica può essere ricostruita prevelevando lembi di intestino. In alternativa si procede deviando le urine, raccogliendole in uno o due sacchetti esterni». Secondo Salvatore Voce, direttore della struttura complessa di urologia dell’Ausl di Ravenna, «la chirurgia, in questo caso, ha un rilevante contraccolpo psicologico. Per questo servirebbe potenziare il supporto ai pazienti, prima e dopo l’intervento». Una possibilità di preservare l’organo, in realtà, esiste: asportando il tumore per via endoscopica e sottoponendo la paziente alla chemio e alla radioterapia (terapia trimodale). Essenziale è però che la malattia non sia già rilevabile in altri organi.                                                                                       fonte https://www.fondazioneveronesi.it/