Tutti i trucchi di Silvio per farsi votare

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Sguardi dubbiosi, giovedì scorso, quando Berlusconi ha annunciato di avere in tasca le chiavi del Quirinale.

Da tempo lo va dicendo e nessuno lo prende sul serio. Ma stavolta i suoi ospiti – da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, da Maurizio Lupi a Giovanni Toti – sono rimasti basiti nell’apprendere che conta di scippare alla sinistra la bellezza di 150 voti. Fossero una dozzina, ancora ancora; ma così tanti sembra impossibile, per comprarli non basterebbe una bancarella, ci vorrebbe un mercato. Non è finita: il Cav si è messo ad argomentare che “dei nostri grandi elettori nessuno mi tradirà, ne sono totalmente certo”.

Tutti l’hanno guardato con imbarazzo: da 73 anni le elezioni presidenziali sono il festival dei “franchi tiratori”. Nel ’48 impallinarono Carlo Sforza; nel ‘64 umiliarono Giovanni Leone; nel ‘71 misero nel mirino Amintore Fanfani; nel ’92 guidati dal “Divo” Giulio Andreotti si presero gioco di Arnaldo Forlani; nel 2015 (i famosi “centouno”) fecero la festa a Franco Marini e a Romano Prodi per limitarsi alle prede più prestigiose. Insomma, una mattanza. Invece Silvio non solo conta di mantenere i propri voti, che sulla carta sono 480, senza farsene rubare nemmeno uno; ma addirittura progetta di razziare quelli avversari e di farsi incoronare alla faccia dei magistrati, dei “comunisti”, dei giornaloni e di quanti lo declinano al passato. È solo fuori di testa, come sospettano i suoi alleati, oppure ha escogitato delle tecniche nuove e sconosciute per pilotare il voto segreto? In questo caso, cosa diavolo ha in mente?

Premessa storica indispensabile: agli albori della Repubblica ogni “grande elettore” compilava la scheda senza tante formalità, quindi la deponeva nell’urna d’argento a forma di insalatiera