Un premio Nobel da ricordare: Una ricerca sul periodo in cui Eugenio Montale visse a Lanzo Torinese

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LANZO TORINESE – Ricorre quest’anno il 40° dalla morte del grande poeta Eugenio Montale.

Una comunità può rivivere tra i posteri anche se non sempre per un evento importante. Vi sono a volte episodi minori, che hanno coinvolto figure illustri, di cui si stenta a ritrovare traccia nei testi storici ufficiali, ma importanti per quella comunità, avvenimenti che, opportunamente promossi, possono rivelarsi utili turisticamente.

Uno di questi, inedito nei suoi particolari fino alla fine degli anni ’90, ha interessalo tra il 1918 ed il 1919 la cittadina di Lanzo Torinese e proprio il grande Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981, premio Nobel per la letteratura 1975).

Alla fine della prima grande guerra, il poeta viene mandato a comandare un campo di concentramento a Lanzo. Il 19 luglio 1919 Montale viene congedato. (M. Martelli, 1982).

Dopo essere venuti a conoscenza di queste due date, in parecchi iniziarono le prime ricerche per individuare la casa che lo aveva ospitato. Anche la dottoressa Ines Poggetto, studiosa locale, avviò nel 1996 le sue, e tutte le indagini – successivamente unificate – precisarono innanzitutto che non si trattava di un “campo di concentramento” com’è comunemente oggi inteso. Infatti la sera, quella quindicina di militari prigionieri croato-bosniaci, dopo aver lavorato tutto il giorno a Momello (sulla strada per S. Ignazio) in quella che allora era una cava di lignite, o nei campi, rientravano in paese e si ritrovavano al Caffè Trattoria Tripoli, più tardi Bar del Moro, gestito da Giovanni Micheletta.

In questo caffè – in via Cibrario, sotto piazza Gallenga, dove venne poi installato un pub – quei militari erano ben accolti. La figlia dell’allora gestore, Edvige Micheletta, ricorda per noi un aneddoto che li riguarda appreso dal suo genitore: “Una sera, uno di questi militari regalò a mio padre un serpentello ben fatto, costruito con pezzetti di legno collegati a snodo, che egli posò dove veniva da tutti ammirato: sul bancone. Qui rimase finché qualcuno lo prese e con suo dispiacere non lo riportò più“.

Oggi possiamo affermare con assoluta certezza che quegli “ospiti” alloggiarono in una antica casa lanzese di via Fontana del Monte 14/16, nel cui piano terreno dopo le bevute serali quei militi venivano sorvegliati dalla piccola guarnigione comandata dal tenente Eugenio Montale.

Il dottor Ildebrando Bazzano negli anni Novanta era proprietario di quella casa e ci confermò, personalmente, la fondatezza delle poche notizie trovate, riportandoci un altro aneddoto legato ad una scoperta casuale.

Neg1i anni `50 questo edificio, acquistato da un trisnonno di mia moglie intorno al 1850, venne ristrutturato rispettando la pianta originale. Mentre sostituivamo il pavimento dell’ex stalla, rinvenimmo alcune bollette di merci, intestate Ministero direzione prigionieri di Guerra. Non eravamo al corrente di Montale, e solo ultimamente abbiamo avuto conferma di quella presenza. Bollette di cui nessuna intera, rosicchiate dai topi e quindi successivamente buttate via. Questa cosa è comunque per me anche una positività culturale; vivere in queste stanze, di una casa che amo per la sua posizione tranquilla, e sapere della presenza di Montale tra di esse mi fornisce un sorta di “conforto culturale”.

Domenica 20 settembre 1998 – in occasione di un convegno sulla poesia e della premiazione del concorso letterario Comune di Lanzo – venne inaugurata una targa commemorativa sulla casa Bazzano che ospitò Montale. Il sindaco Sergio Papurello ed il presidente del premio letterario, professore Marziano Guglielminetti, erano stati i promotori di quello storico momento culturale che ricorderà così per sempre quella fulgida ed illustre figura di letterato, per futuri momenti di riflessione.

Franco Contorbia in “Eugenio Montale, immagini di una vita”, Milano Librex, 1985, ha raccolto le frasi di un’intervista – parte delle quali vennero riprodotte sulla targa – che Montale stesso aveva rilasciato nel novembre del 1918 a Manlio Cancogni; intervista che qui riportiamo integralmente.

“…Dall’Alto Adige ci rimandarono in Italia; io fui assegnato a un campo di prigionieri austriaci a Lanzo Torinese.

Ero tenente, l’ufficiale più alto in grado, comandavo io. I miei prigionieri erano dei bravissimi giovani. Andavamo molto d’accordo; io parlavo un po’ tedesco, loro un po’ di italiano. Qualcuno di loro mi scrisse dopo la guerra. Di uno ricordo il nome, Franz Birgel, mi pare. La sera andavamo a Torino, all’opera. Sì a volte me ne portavo con me uno o due, fra quelli che avevano passione per la musica ed il bel canto. Era una cosa proibitissima, come i guanti di canguro scamosciati e quel collettone azzurro del resto Me ne infischiavo. Avevo dato un ritocco alla mia eleganza: un bastoncino di bambù, col pomo d’avorio, al posto della sciabola”.

Questo disse Montale a proposito di Lanzo nell’intervista “Bello si, ma dopo?” concessa a Cancogni.

Anche questa iniziativa si collocava nell’ambito di quella promozione e divulgazione della cultura che non solo qui da qualche anno si stava sempre più sviluppando e che vedeva varie comunità impegnate non più solo in balli e competizioni bocciofile o sportive, ma anche in mostre, presentazioni di libri, convegni culturali e simili.

La foto di casa Bazzano fa parte dell’archivio dell’autore

Franco Cortese    Notizie in un click    settembre 2021