UNA SCELTA IDENTITARIA

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Quindi la base pentastellata vuole che il MoVimento 5 Stelle partecipi alle elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria. E, badate bene, vuole che partecipi da solo. Segnale forte è chiaro il suo, deciso a grande maggioranza dai suoi iscritti votanti, ieri, sulla piattaforma Rousseau.
Ai vecchi tromboni della politica e loro portatori d’acqua che sostengono (come Gruber&co. si sono affrettati a fare ieri sera), che Luigi Di Maio è stato sfiduciato da questa votazione, (lui era orientato a saltarle queste urne regionali, il Movimento si sta dando una nuova organizzazione sul territorio, ha sostenuto, ma occorre tempo), replico che l’ha ricercata lui, se ne avesse temuto il risultato si sarebbe astenuto. Il capo politico ha preso la sua decisione di lasciare l’ultima parola alla base, coinvolgendo Beppe Grillo, il padre putativo e l’inspiratore dei pentastellati. E la risposta non poteva che essere quella: si fa ciò che decide la base, così era ieri, così è oggi.

La verità è che non c’è mai stato passaggio sensibile della storia pentastellata che non sia stato sottoposto alla decisione dei suoi iscritti. Se mai ce ne fosse il bisogno, l’esito di queste votazioni, che porteranno il Movimento ad intraprendere una strada diversa da quella auspicata dal suo capo politico, sono la prova plastica di quanto i responsi dei voti sulla piattaforma Rousseau siano genuini, non manipolati, come la vulgata giornalistica vuol far credere. Rousseau è un sistema in grado di garantire un vero processo democratico.

Partecipare alle elezioni regionali di Emilia Romagna e Calabria, in una situazione di oggettivo svantaggio come è quello dei 5 Stelle oggi, senza disporre ancora di una consolidata rete territoriale e quando i sondaggi li vedono in netta difficoltà, è una prova d’amore che la base ha chiesto al suo Movimento. È una scelta identitaria che la sua gente vuole sia riaffermata, ben sapendo che si rischierà di essere additati come i responsabili della sconfitta piddina, ove Zingaretti e i suoi non la spuntassero sulla Lega di Salvini.

Il 70% dei votanti sulla piattaforma Rousseau vuole che il Movimento 5 Stelle si giochi la sua partita in solitaria.
Nessun iscritto al Movimento dotato di senso della realtà prefigura scaturiranno scenari di vittoria da queste elezioni, non ora almeno, ma da qui occorrerà ripartire.
Dopo l’infelice esperienza in Umbria di neanche un mese fa” (anche questa sottoposta al vaglio degli iscritti), quando Luigi Di Maio ha sperimentato un’alleanza con il Pd, ancorché puntando ad un candidato civico, oggi i “grillini” vogliono vedere riaffermati i loro principi fondanti. Loro sono “altro” e lo hanno ribadito con forza. Ricompattarsi in un sentire comune, per chi crede nei principi del Movimento, oggi è più importante di qualsiasi vittoria.

Il tema vero è che la vecchia politica e i media ancora si ostinano a decodificare le vicende del Movimento secondo le vecchie logiche partitiche di destra e sinistra non comprendendo, anzi, facendo finta di non comprendere, che il Movimento è nato sul principio della #democraziadiretta. Concetto che, a distanza di 10 anni, ancora è ben radicato sia nei suoi portavoce che nei suoi iscritti. Il Movimento era e resta il contenitore politico che costituisce, come ha più volte affermato Luigi Di Maio , “LA TERZA VIA”, la via #postideologica (per chiarimenti vedi una Wikipedia qualunque). I 5 Stelle non guardano né a destra né a sinistra, guardano a realizzare azioni di Governo utili alla collettività e solo ad essa e le perseguono con un approccio rigoroso, tanto che chi ha deviato da esso è stato subito messo alla porta. E non mi si venga a dire che è poco, che non basta. In un epoca come quella che stiamo vivendo, intrisa di corruzione e logiche clientelari, è premessa necessaria per ogni buon Governo del nostro martoriato Paese. Ora bisognerà convincerne gli italiani. E non sarà impresa facile vista la volatilità dell’elettorato dei nostri giorni.

I motivi per i quali i portavoce 5 Stelle abbiano accettato di stringere accordi con la nomenclatura politica italiana, sono stati ripetuti fino alla nausea e nulla toglie ai loro valori fondanti, che rimangono sempre gli stessi. Stringere accordi di governo è stato il passaggio obbligato, quanto odiato, per vedere realizzati i primi punti del loro programma.
Chi ancora dice di non averlo compreso, ovvero sostiene che il Movimento sia diventato altra cosa, che si sia a sua volta trasformato in “casta”, o è ottuso o è in malafede.                                                                    di Roberta Labonia