Ungaro: “Referendum in Svizzera sulla libera circolazione: andiamo a votare no”

0
56

Nel 1989 l’Europa si era illusa di abbattere per sempre il suo ultimo muro, sanando quella ferita con un forte processo di allargamento dei suoi confini verso Est nel 2004 e con gli accordi di Maastricht e Schengen che permisero la libera circolazione delle persone in quasi tutta l’Europa, Svizzera inclusa, grazie agli accordi del 2000 con la Confederazione elvetica. Ma la deriva nazional-populista a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni in Europa e nel mondo rimette in agenda la costruzione di nuovi muri per rispondere alle paure delle persone.

La crisi della pandemia del COVID19 ha reso tutti più fragili e al tempo stesso sembra interrogarci se non sia meglio rinchiuderci in noi stessi nell’illusione dell’autosufficienza o di usare questa crisi come occasione per ripensare e riformare la nostra società. Si può essere credenti o meno ma come non dar ragione a Papa Francesco quando dice: “peggio di questa crisi c’è solo l’errore di sprecarla!”.

I muri che sorgono in Europa e nel mondo non sono fatti soltanto di mattoni. Ancora più pericolosi sono quelli politici, caratterizzati da populismo, ideologie, umiliazioni e frustrazioni di chi è rimasto indietro e che viene usato dai nazional-populisti. Di questo fenomeno non è immune nemmeno la florida e placida Svizzera. Gelosa della sua storia, della sua autonomia, della libertà dei suoi Cantoni. Di recente, il “Comitato d’iniziativa contrario alla libera circolazione delle persone”, poi sostenuto dall’UDC, l’EDU e altri piccoli partiti della destra svizzera, ha lanciato la citata proposta referendaria – tra i 5 previsti e fissati il prossimo 27 settembre – per interrogare i cittadini svizzeri sull’iniziativa per la limitazione della libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea in Svizzera.

I favorevoli al Sì sostengono, nella migliore tradizione salviniana, che in Svizzera si stia assistendo a un’immigrazione di massa intollerabile e che questo comporti un aumento della disoccupazione, una minaccia per il benessere, la libertà e la sicurezza dei cittadini svizzeri. Secondo il Consiglio federale invece la via bilaterale di libera circolazione scelta dalla Svizzera è fatta su misura per rispondere alle esigenze economiche e strategiche del Paese e dei suoi cittadini. È opportuno ricordare che giusto vent’anni fa la Svizzera e l’UE hanno firmato un pacchetto di 7 accordi bilaterali, approvati dal popolo svizzero nel 2000 con il 67,2 % dei voti. De facto questi accordi garantiscono all’economia elvetica lo strategico accesso al mercato europeo, accordi che regolano il commercio, gli appalti pubblici, l’agricoltura, la ricerca, il trasporto terrestre e aereo e l’accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC).

Un accordo che assicura – a determinate condizioni – ai cittadini svizzeri di vivere, lavorare, studiare nell’UE e viceversa ai cittadini dell’UE in Svizzera. L’architettura dei trattati “UE-Confederazione Elvetica” è la base delle relazioni tra la Svizzera e il suo principale partner commerciale. Se anche solo uno di questi accordi venisse meno, tutti gli altri sarebbero inesorabilmente compromessi: mettendo fine all’accordo di libera circolazione significa revocare gli altri 6, non in funzione di una ritorsione politica ma semplicemente perché lo prevedono i trattati, trattati adottati all’epoca con una logica ‘pacchetto’. Sempre rispettando pienamente la sovranità della Confederazione elvetica, credo che sia lecito affermare che la fine della libera circolazione e la conseguente revoca di tutti i trattati rischia , stavolta per davvero, di pregiudicare seriamente la prosperità e il benessere della Svizzera.

Un paese il cui governo è ben consapevole dell’importanza dell’apertura delle frontiere: non dimentichiamoci come italiani che durante la crisi del Covid19 la Svizzera non ha mai chiuso i suoi confini con l’Italia, al contrario di Austria e Slovenia. Si può quindi intendere il rischio di un’operazione politica che avrebbe poca fortuna. Cosa si cela dietro questa iniziativa? Le ragioni sono simili e pressoché scontate in ogni paese. Si tratta di azioni che segnano confini, marcano differenze, ingigantiscono paure. Non fanno bene all’economia, aumentano le tensioni sociali, impoveriscono culturalmente. Per questo è importante andare a votare senza dare nulla per scontato.

Mi appello quindi a tutte le italiane e tutti gli italiani con cittadinanza svizzera di votare convintamente NO al referendum del 27 Settembre sulla limitazione della libera circolazione tra Europa e Confederazione Elvetica.