Università: In 15 anni perse 37mila matricole

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Foto Matteo Corner - LaPressecronacaMilano 4 09 2012 Esame di ammissione alla facoltà di medicina all'università statale di Milano Nella Foto un momento del Test

L’emergenza coronavirus “peserà sul profilo dei laureati protagonisti del Rapporto 2021 e sulla loro condizione occupazionale”. A rilevarlo è il Rapporto AlmaLaurea 2020 presentato oggi nella sede del Mur con il ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi. Dopo il calo vistoso fino all’anno accademico 2013/14, dal 2014/15 c’è stata una ripresa delle immatricolazioni che sono arrivate nel 2018/19 a +11,2% rispetto al 2012/14. Nonostante ciò, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37mila matricole, con una contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni è più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici dei professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti, segnale il rapporto, che si basa su oltre 290mila laureati del 2019 di 75 Atenei e che restituisce una fotografia delle loro principali caratteristiche. Età media per i laureati del 2019 è stata pari a 25,8 anni “L’età media alla laurea per i laureati del 2019 è stata pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. L’età alla laurea è, quindi, diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l’età media era infatti 27,1 anni nel 2009, di oltre un anno più elevata rispetto alla situazione attuale”. Il documento, presentato per la prima volta nella sede del ministero dell’Università e della Ricerca con la partecipazione del ministro Gaetano Manfredi, sottolinea che “la regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato negli ultimi anni un marcato miglioramento. Se nel 2009 concludeva gli studi in corso il 39,2% dei laureati, nel 2019 la percentuale ha raggiunto il 55,7%, in particolare il 61,0% tra i magistrali biennali, il 56,1% tra i laureati di primo livello e il 43,5% tra i magistrali a ciclo unico. Peraltro – si legge ancora nel rapporto – se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso erano 15,8 laureati su 100, oggi si sono quasi dimezzati (8,1%)”. Inoltre, “si registrano differenze rilevanti con riferimento alla ripartizione geografica dell’ateneo: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,8% in più”. Per quanto riguarda invece il voto medio di laurea, “è sostanzialmente immutato negli ultimi anni (103,1 su 110 nel 2019, stesso valore osservato nel 2009): 100,1 per i laureati di primo livello, 105,3 per i magistrali a ciclo unico e 107,9 per i magistrali biennali. Fra i laureati magistrali biennali la votazione finale è molto elevata, in particolare per un effetto di tipo incrementale rispetto alla performance ottenuta alla conclusione del percorso di primo livello (nel 2019 l’incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello e’ di 7,7 punti su 110)”. Quota di laureati di cittadinanza straniera è del 3,7% Infine, “la quota di laureati di cittadinanza straniera è del 3,7%. Si tratta in misura crescente di giovani che provengono da famiglie immigrate e residenti in Italia: ben il 42,0% dei laureati di cittadinanza non italiana ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado nel nostro Paese: tale quota era il 28,2% nel 2011”, spiega il rapporto. Relativamente alla condizione occupazionale dei laureati, “si confermano le tradizionali differenze di genere e, soprattutto, territoriali, mostrando, ceteris paribus, la migliore collocazione degli uomini (+19,2% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne) e di quanti risiedono o hanno studiato al Nord (per quanto riguarda la residenza, si registra un +40,0% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti risiedono al Sud; per quanto riguarda la ripartizione geografica di studio, un +63,7% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti hanno studiato al Sud)”. “La retribuzione mensile netta a un anno dal conseguimento della laurea è, nel 2019, in media pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello”. Metà nostri ‘cervelli’ puntano all’estero Quasi la metà dei nostri cervelli è pronto ad andare all’estero dopo la laurea. Secondo il Rapporto AlmaLaurea 2020, la disponibilità a lavorare all’estero è dichiarata dal 47,3% dei laureati contro il 41,5% rilevato nel 2009: è il 48,8% per i laureati di primo livello, 43,3% per i magistrali a ciclo unico e 46,1% per i magistrali biennali ed il 31,8% degli interpellati dai ricercatori di AlmaLaurea si dice addirittura pronto a trasferirsi in un altro continente. Si rileva una diffusa disponibilità ad effettuare trasferte anche frequenti (28,1%), ma anche a trasferire la propria residenza (48,1%) mentre solo il 3,1% non è disponibile a trasferte. Milano-Bicocca, l’84% dei laureati trova lavoro dopo un anno Dati positivi sull’occupazione dopo la laurea per gli studenti dell’Università di Milano-Bicocca: a un anno dal conseguimento della laurea triennale, il tasso di occupazione è dell’83,9%, superando di quasi 10 punti percentuali la media nazionale (74,1%). E tra i laureati di secondo livello (corsi magistrali e a ciclo unico) a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari all’81,1%, confermando il distacco di quasi 10 punti dal dato nazionale attestatosi al 71,7%. Dopo cinque anni dal conseguimento della laurea di secondo livello, la percentuale di occupati sale al 93,3%, quasi 7 punti in più rispetto alla media degli altri atenei italiani (86,8%). Donne hanno subito tracollo occupazionale “Le donne sono svantaggiate sul lavoro rispetto agli uomini e hanno subito un vero e proprio tracollo occupazionale. Oltre alle donne il settore più sacrificato è il Sud”. A lanciare il grido d’allarme è il presidente di Almalaurea, Ivano Dionigi, nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla presentazione del Rapporto. “Per quanto riguarda il diritto allo studio – ha sottolineato Dionigi – se il diplomato guadagna 100, il laureato guadagna 140, cioè il 40% in più e ha il 13% di probabilità maggiori di trovare lavoro”.