Un’opposizione inutile

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salvini

Oggi, fossi un elettore di uno dei partiti all’opposizione dell’attuale Governo, sarei incazzata.
E si perchè dal mio partito all’opposizione io pretenderei che ci sia, nei luoghi in cui si decidono le scelte del mio Paese, specie se gli viene offerta su un piatto d’argento la possibilità di contribuirvi. Pretenderei che coloro che ho votato portino avanti le mie istanze, e le facciano valere o, quantomeno, se non riescono a farlo, le rendano pubbliche nei contesti ufficiali che contano a futura memoria, nel caso malaugurato che l’Esecutivo fallisse i suoi obiettivi. E ciò vale ancor di più quando si è chiamati a contribuire ai destini del proprio Paese uscito a pezzi da una crisi sanitaria e, di conseguenza, economica, senza precedenti dal dopoguerra.

Ma il trio Meloni, Salvini, Berlusconi, invitato, ha deciso che non parteciperà agli Stati Generali dell’Economia voluti da Giuseppe Conte. Anzi, sarebbe meglio dire che, per tutti, ha deciso Giorgia Meloni. La romana de Roma, “sommessamente”, ha messo il veto all’invito di Conte, facendo chiaramente capire ai suoi compari, che fino a poco prima si erano dichiarati possibilisti, che ove si fossero mossi in ordine sparso, l’allegra compagnia si sarebbe sciolta. Insomma, ‘sta Giorgia “daaa garbatella”, con i sondaggi dei suoi fratellini d’ Italia in rapida crescita di consensi, s’è montata la testa e ha dettato la linea.

Il motivo ufficiale del diniego è quanto di più pretestuoso e, per certi versi, puerile, il trio destrorso potesse inventarsi: la sede scelta da Conte. Per lor signori non è quella istituzionale a loro consona. Loro, sostengono, non intendono avallare “passerelle in villa”. Peccato che la “villa” è quella Pamphili, al cui interno insiste il “Casino del Bel Respiro”, una sede di alta rappresentanza, da decenni data in uso dal Comune di Roma al Consiglio dei Ministri, che la utilizza in occasione di visite di Capi di Stato e di Governo. Quindi mai sede fu più istituzionale di quella. E di passerelle non se ne vedranno. Gli incontri si terranno a porte chiuse. Conte, presumibilmente ogni giorno, declinera’, in un punto stampa, la sintesi dei lavori svolti. Meloni e Salvini resteranno fuori. Spettatori ciechi di un film girato da altri.

Un’occasione, quella degli Stati Generali della prossima settimana a partire da sabato, unica e forse irripetibile che, per la prima volta nella storia d’italia, grazie alla considerazione conquistata sul campo di Bruxelles dal nostro Presidente del Consiglio (finalmente ne abbiamo uno che non ci fa vergognare anzi, ci rende orgogliosi), vedrà la presenza in video conferenza dei rappresentanti di tutte le principali istituzioni europee, a cominciare dal Presidente del Parlamento Europeo Sassoli, passando per il nostro Commissario europeo agli Affari Economici Gentiloni, al governatore della Banca d’Italia Visco, per finire col tris d’assi Von der Lyen (Commissione europea), Lagarde (Bce) e Georgieva (FMI). Loro, ci piaccia o no, sono espressione di quegli organismi che in questi mesi ci stanno consentendo, per dirla col grande Edoardo, di “passa’ a nuttata” con una certa tranquillità, perché la BCE, dopo un primo tentennamento, si è fatta trovare pronta ad acquistare i nostri titoli di debito e metterci così al riparo da possibili speculazioni finanziarie. Un ombrello di protezione (il cosidetto programma pandemico), che per tutti gli Stati membri europei vale roba come 1.650 miliardi. E non c’è solo questo. È dalla entità degli impegni che verranno assunti sul bilancio europeo, e qui entra nel vivo il ruolo della Von Der Leyen, che, nel 2021, ci dovrebbero arrivare i soldi del Recovery plan in discussione in queste ore. 172 miliardi, di cui 80 si auspica saranno a fondo perduto, sulla base dei quali il Governo conta per calare a terra le riforme, gli investimenti, per la ripresa economica e sociale del nostro Paese. Di questo si discuterà negli Stati Generali della prossima settimana. Ecco perché è importante esserci.

Conte è ben consapevole che dipenderà dalla qualità dei progetti e delle riforme, dalla visione di Paese che riuscirà ad esprimere con il contributo di tutte le donne e gli uomini del suo Governo, delle rappresentanze di categoria, dei sindacati, delle menti più brillanti del nostro Paese, tutti presenti agli Stati Generali, come soldati chiamati ad affrontare una sfida comune di portata storica, se e quando questi soldi arriveranno. Se riusciremo ad imporci con un piano di rilancio credibile, spendibile davanti agli occhi della comunità internazionale e finanziaria, avremo vinto. Ci si attende da noi una svolta green e digitale, un potenziamento della ricerca e delle infrastrutture, in una parola: riforme strutturali. Se e quando riusciremo a garantire un futuro sereno ai nostri figli, dipenderà dalla qualità dei contributi di tutti coloro che saranno presenti agli Stati Generali voluti da Giuseppe Conte. Altro che nostalgie di ritorno alla “vecchia Italietta” degli anni ’80, come l’ha definita ieri l’altro,magnificandola, un ottuso, datato Matteo Salvini. Gente, lui e la Meloni, che pensa con la logica di ieri, al massimo dell’oggi, mentre il mondo, veloce, gli corre davanti e li mette fuori gioco.

I lavori si apriranno con la presentazione del tanto criticato (e in buona parte a ragione), piano Colao, quello che tanto piace alle opposizioni perchè parla il linguaggio delle imprese e meno, molto meno, quello del welfare e perchè introduce elementi che strizzano l’occhio alle stagioni dei condoni, musica per le orecchie delle destre liberal conservatrici, quelle che, in Italia, avrebbero la pretesa di incarnare Salvini, Meloni e l’ombra del Berlusconi che fu’. Ma al tristo trio Villa Pamphili non gli aggrada. Se il piano Colao rimarrà in gran parte inattuato, così come si vocifera, questi signori non potranno che prendersela con se stessi, che si sono sottratti al confronto.

Gente che passerà alla storia come i rappresentanti dell’unica forza di opposizione nei Parlamenti europei ai tempi del coronavirus, a non aver voluto stringere una tregua istituzionale con il governo in carica per far fronte alla più grave emergenza sanitaria ed economica che l’Europa ricordi dai tempi del dopoguerra.

Nè Salvini nè meloni e, men che meno, l’ultraottuagenario Berlusconi, saranno fra coloro che potranno vantare di aver contribuito a scrivere la storia dell’Italia dei prossimi decenni. Indifferenti, nella loro retriva concezione dell’agone politico, anche ai destini dei loro figli e di quelli che saranno i loro nipoti.
Inutili, come i post seriali con cui imbrattano le loro pagine social.                                                         (Roberta Labonia)