#USA2020: UN PRESIDENTE È PER SEMPRE.

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Questa rubrica nasce con lo scopo di fornire uno spaccato su alcuni dei personaggi di maggiore peso del panorama statunitense, politici e non. I “players” sono stati selezionati sulla base del peso che avranno alle prossime elezioni presidenziali del novembre 2020.                                                                        Negli Stati Uniti d’America è prassi comune per gli ex presidenti, una volta terminato il mandato, ritirarsi dalla scena pubblica. Generalmente un ex presidente esce dai riflettori e cerca di vivere la propria vita post-presidenziale in maniera imparziale e distaccata rispetto alle vicende politiche del paese.

Questa prassi consolidata è stata interrotta dal predecessore di Donald Trump alla Casa Bianca: Barack Obama.

Obama è stato il 44° presidente degli Stati Uniti ed il primo presidente afroamericano a ricoprire tale carica.

Obama arrivò alla Casa Bianca in un momento sicuramente difficile per gli Stati Uniti: la crisi finanziaria e poi economica che attanagliava il paese, il pantano delle due guerre in Iraq ed Afghanistan, la crisi georgiana ed il nuovo ruolo della Russia nello scacchiere internazionale, l’emergente potenza cinese ed il timore di perdere il ruolo di superpotenza mondiale incontrastata.

Le valutazioni politiche in merito alla presidenza Obama sono fatte di luci ed ombre. Se da una parte è indubbio che la sua elezione abbia portato un vento di novità e cambiamento nella politica americana, dall’altra le promesse mancate e le delusioni scaturite da alcune decisioni anche in politica estera ne hanno inficiato il giudizio finale.

I maggiori detrattori di Obama contestano l’aver abbandonato le istanze di parte della midlle class americana che più di tutti aveva subito gli effetti della crisi economica del 2008 e della globalizzazione. D’altra parte alcune delle riforme messe in campo in ambito economico e sanitario e che sembravano potessero avere portata storica si sono rivelate essere il classico topolino partorito dalla montagna.

Nonostante la presidenza di Barack Obama si sia conclusa a mezzogiorno del 20 gennaio del 2017, la vita politica di Barack Obama non si è mai interrotta, anzi è possibile affermare che al termine del 2020 il politico più influente potrebbe essere quello che è stato all’apparenza il più silente.
Barack Obama rimane ad oggi la figura maggiormente popolare all’interno del Democratic party, in particolare tra gli elettori neri ed i più giovani.
Dopo la fine del mandato, Obama si è prodigato nello sviluppo della propria organizzazione no-profit: la Obama Foundation. Uno degli obiettivi della fondazione è quella di cercare i giovani leader di domani.

Allo stesso tempo Obama ha continuato a mantenere ben salda la presa sul partito. Sebbene si sia sempre detto estraneo alla corsa per le primarie democratiche, è indubbio che vedesse di buon occhio la candidatura del proprio vice Joe Biden.

Nonostante il legame tra i due fosse talmente solido da costituire un vero rapporto personale basato sulla stima e fiducia reciproca, Obama decise di non schierarsi apertamente nelle primarie del partito e decise di non appoggiare esplicitamente nessuno.

A febbraio, nel momento più duro per la campagna presidenziale e dopo tre risultati deludenti in Iowa, New Hampshire e Nevada, Joe Biden sembrava dovesse cedere il passo al nuovo front runner Bernie Sanders. Tuttavia, con l’insperato trionfo in South Carolina, Biden rilanciava la candidatura e da quel momento iniziava il percorso che lo avrebbe visto riemergere e sbaragliare tutti gli altri candidati fino ad ottenere la nomination.

In merito alla fondamentale vittoria in South Carolina ci sono state numerose speculazioni circa il ruolo che Obama può aver rivestito. Sicuramente ha contato l’appoggio ricevuto dal potente deputato James Clyburn, leader afroamericano dei democratici alla Camera, il quale aveva in precedenza dato il proprio endorsement allo stesso Obama in passato.
Sempre secondo alcuni addetti ai lavori, Obama avrebbe orchestrato ed accelerato il ritiro di tutti gli altri candidati centristi e la convergenza sul suo ex vice dei loro endorsement: Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e poi, dopo il Super-Martedì del 3 marzo, Mike Bloomberg.

Allo stesso modo, Obama ha avuto un ruolo importante nel convincere Bernie Sanders a porre fine alla propria campagna presidenziale.

Nel pieno di una pandemia globale e senza più alcuna possibilità di vittoria, Sanders si ritrovò ad interloquire con Obama in almeno quattro lunghe conversazioni. Alcuni dei più stretti collaboratori di Sanders hanno affermato che gli sforzi di Obama hanno giocato un ruolo significativo nella decisione di Sanders di ritirarsi e successivamente appoggiare Biden.
Ma non solo.

Durante la convention democratica svoltasi in forma virtuale a Milwaukee, Obama ha lanciato un’arringa accusatoria e di condanna senza attenuanti nei confronti del presidente Donald Trump.

Il discorso di Obama è risultato essere inusuale ed estremamente cupo nei toni. Il linguaggio usato conferma ancora una volta il suo interesse nel rivestire un ruolo fondamentale nelle prossime elezioni. Obama è arrivato ad esortare gli elettori democratici a votare in massa per essere sicuri che i principi di base della democrazia resistano. “Non lasciate che prendano il potere. Non lasciate che vi portino via la vostra democrazia”.

Molti analisti si interrogano sul ruolo che potrebbe avere Obama in un’eventuale presidenza Biden. Dalla figura di padre nobile del partito a vera e propria “ombra” del presidente.

In quest’ottica risultano interessanti alcune parole spese nel dicembre del 2016 dallo stesso Obama poco dopo la sconfitta alle elezioni di Hillary Clinton. Obama, durante l’intervista, si era detto certo che se avesse potuto candidarsi per un terzo mandato sarebbe stato rieletto. Inoltre, aveva affermato che, se avesse potuto spiegare agli elettori la propria visione politica, sarebbe riuscito a mobilitare una maggioranza di americani per aderirvi.

In conclusione, se da una parte un’eventuale vittoria di Biden, per Obama, potrebbe essere la panacea a tutti i danni causati dalla presidenza Trump, è indubbio che gli Stati Uniti si trovano in una situazione politica estremamente complicata. Lo stesso Democratic party si trova ad un bivio e deve scegliere quale percorso seguire: da una parte la strada già battuta del riformismo moderato e rassicurante di cui Obama è stato autorevole propugnatore, dall’altra invece vi è la possibilità intraprendere un nuovo percorso, assecondando le istanze e le proposte dell’area maggiormente liberal (ed agli occhi dei critici “socialista”) del partito.

In tal senso, Obama è l’anello di congiunzione dei due candidati che si fronteggeranno a novembre, nel bene e nel male. Se Trump è il presidente sbagliato per gli Stati Uniti, secondo le parole di Michelle Obama, sono pur vere le parole spese da Trump nel replicare a tali affermazioni: “Francamente, non sarei nemmeno qui se non fosse stato per Barack Obama, avrei costruito edifici da qualche parte e mi sarei divertito”.