Usura, lo Stato sempre vicino a chi denuncia

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Sono molte le difficoltà che stanno affrontando imprese e cittadini con l’emergenza coronavirus, «il pizzo esiste ancora come modalità estorsiva ma già da tempo assistiamo a una modifica della pressione dell’impresa malavitosa su quella legale». Lo ha detto ieri, in audizione in commissione antimafia, il prefetto Annapaola Porzio, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura.

Un fenomeno ancor più preoccupante al nord dove con più difficoltà si riconosce l’imprenditore malavitoso. Estorsione e usura sono le armi che costringono le vittime a cedere la propria azienda, che è il fine ultimo a cui tende la criminalità organizzata.

Più in generale, per il prefetto Porzio è necessaria una manutenzione evolutiva di tutto l’apparato normativo tenendo conto che negli ultimi anni è cambiato anche il modo in cui agisce la criminalità. «Le norme antiracket e antiusura – afferma – vanno riprese e va fatto un lavoro capillare di informazione non solo nelle scuole, ma anche pubblicitario e anche sui social perché è un mezzo con cui si può arrivare alle persone».

Tra le proposte immaginate dal prefetto Porzio per adeguare la legge numero 108 del 1996 (che prevede un sostegno per le vittime di usura) la necessità di superare le differenze tra usurato e persona estorta. Per i primi la norma aveva previsto un mutuo. «Tutti possono rendersi conto che un mutuo per chi è in difficoltà può rivelarsi un peso più che un aiuto», sottolinea il prefetto spiegando che andrebbe cambiato il «titolo, da mutuo in contributo. Ma certamente – aggiunge – va messa accanto a questa persona o imprenditore uno staff o un tutor».

Il messaggio che viene rilanciato, anche nel corso dell’audizione in Commissione, è quello di denunciare perché «chi denuncia sceglie di vivere».