Vasco Rossi: Sono sopravvissuto agli anni delle Br, alla droga, alla depressione

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Io sono un sopravvissuto“. Inizia così la lettera che Vasco Rossi indirizza a Cesare Cremonini che, in veste di direttore artistico del numero di Vanity Fair in edicola dal 18 novembre, lo ha invitato a parlare del significato della parola “vivere” sul settimanale. Sull’attuale emergenza Covid, il rocker scrive:

″È veramente un brutto periodo. Per tutti. Una catastrofe planetaria che nessuno avrebbe potuto immaginare, sarebbe stato peggio solo… se ci avesse colpiti un meteorite!”.

Una condizione che, riflette il cantante, mette in crisi il sistema sanitario e allontana la prospettiva di nuovi concerti. Vasco Rossi prosegue ricordando la gioventù e ripercorrendo tutte le occasioni in cui si è sentito un “sopravvissuto”.

Sono sopravvissuto alla “noia”. Vivendo a Zocca sapevo che da lì bisognava partire perché se sei in pensione ci stai benissimo, ma a 20 anni non c’è niente da fare. Il mio treno si è chiamato Punto Radio, una delle prime radio “pirata” o “libere”.

E ancora gli anni Settanta:

“Sono sopravvissuto agli anni ’70. Quando c’erano gli anni di piombo, le Brigate rosse, Lotta Continua e Potere Operaio”.

Vasco Rossi afferma che ai tempi si era chiamato fuori dagli schieramenti ideologici, sentendosi un “indiano metropolitano”, un “uomo anarchico”. L’elenco prosegue con l’esperienza degli anni Ottanta:

Gli anni «da bere» e dell’edonismo. Sono sopravvissuto alla droga e agli eccessi di quegli anni. Ne ho combinate di c*****e, ma le ho anche pagate tutte. Gli anni ’80, quelli più stupidi del secolo ma anche i più belli e divertenti e, per me, gli anni irriverenti di Colpa d’Alfredo, di Ogni volta, Vita spericolata e di Bollicine.