VENEZIA E TARANTO LEGATE DALLA STESSA DISGRAZIA: SOLDI E PARTITI

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Se c’è una cosa che accomuna Venezia e Taranto è l’essere state usate, sfruttate e ingannate da partiti e politici assetati di soldi.
Chi oggi ci attacca, su entrambi i dossier, farebbe quindi meglio a tacere e chiedere scusa.
Partiamo da Venezia. Il Veneto, governato ormai da decenni dal Centro Destra e vero e proprio simbolo del “buon governo” leghista sia a livello regionale che comunale, è stato spolpato da una sistema corruttivo che ha trovato nel MOSE la gallina dalle uova d’oro.
Secondo i magistrati attorno al MOSE sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false: almeno la metà sarebbero servite a pagare mazzette. Ma altre stime portano a una cifra di quasi cento milioni.
La lunga lista di politici e imprenditori responsabili del sistema di tangenti scoperto tra il 2013 e il 2014 che tra arresti, indagini e processi ha bloccato lo sviluppo dell’opera ha trovato nell’ex governatore Giancarlo Galan di Forza Italia, nel suo assessore Chisso di Forza Italia, nell’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni del Partito Democratico e nell’ex ministro dei Trasporti Altero Matteoli del PDL le punte politiche dell’iceberg.
Se ieri l’acqua ha devastato Venezia, quindi, è colpa di responsabilità precise collegabili direttamente al Centro-Destra e quindi a Forza Italia e alla Lega che oggi ragliano contro il Governo.
Andiamo a Taranto. L’acciaieria, fino ad allora pubblica, viene acquistata nel 1995 dal gruppo Riva e parte subito la prima polemica per il prezzo d’acquisto ritenuto troppo basso per il valore reale dello stabilimento.
Nel 2012 la magistratura dispone il sequestro accusando i Riva di aver “continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”.
Ai Riva, negli anni, non è mai stata imposta dai governi alcuna riconversione produttiva per alzare gli standard di sicurezza, nessun obbligo di bonifica, nessuna copertura dei depositi minerari, niente di niente di tutto ciò che avrebbe permesso allo stabilimento di rimanere produttivo ed efficiente evitando quindi i problemi odierni.
Si scopre intanto che tra il 2006 (anno di elezioni politiche) e il 2007 il patron dell’ILVA ha staccato un assegno di 245.000€ per Forza Italia, mentre altri 98.000€ sono andati a finanziare personalmente Pier Luigi Bersani.
Se oggi qualcuno chiede agli abitanti di Taranto di continuare a morire per non interrompere la produzione dell’acciaio, quindi, è colpa di responsabilità precise collegabili direttamente alla politica che oggi si nasconde dietro ridicole scuse legate allo scudo penale.
Non fatevi più fregare, diffondete la verità.