Vi spiego perché la libertà sessuale è “di destra”

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Queste settimane di Pride hanno confermato la saldatura del movimento LGBT organizzato con la sinistra politica e culturale e questo è un peccato perché il positivo processo di emancipazione e di normalizzazione dell’omosessualità dovrebbe trovare forme espressive diverse dalla subalternità a progetti politici più complessivi di “contestazione” anti-capitalista e anti-borghese.

Si potrebbe “essere orgogliosi” senza ridursi ad uno dei mille rivoli di quella “Grande Chiesa” che, come cantava Jovanotti, va “da Che Guevara a Madre Teresa”, ma ovviamente passando per Greta, i “migranti”, l’acqua pubblica, la scuola pubblica, la retorica sul “femminicidio”, il no al nucleare, il boicottaggio di Israele e, va da sé, la critica più sguaiata al nemico politico di turno (Salvini oggi come Berlusconi ieri).

In linea generale la sinistra prova a mettere il cappello sul concetto di “libertà sessuale”, a farne “cosa sua” e ad arruolare l’affettività e i sentimenti di moltissime persone al servizio della propria strategia di lungo termine.

E invece no. La libertà sessuale è tutto meno che un monopolio della sinistra ed è il momento di cominciare ad affermarlo.

Non basta, però limitarsi a sostenere – quasi sulla difensiva – che essa è compatibile “anche” con le idee di destra. No. Bisogna andare oltre. La verità è che la libertà sessuale è, a tutti gli effetti, una “libertà di destra”.

È chiaro che non si sta parlando della “destra in divisa”, della “destra poliziotta”, bensì della destra, nel senso ideale “liberal-thatcheriano”, come espressione della centralità dell’individuo, nella pienezza dei suoi diritti e delle sue responsabilità.

In primo luogo è necessario rimarcare come la libertà sessuale come la conosciamo oggi è un prodotto, in primo luogo, dell’Occidente; è il risultato, non scontato e non gratuito, di un lungo processo di evoluzione culturale, che riposa sui princìpi dell’umanesimo occidentale e della sua originale attenzione nei confronti dell’individuo.

Ma è anche il risultato della straordinaria crescita economica della nostra parte del mondo, che consentendo il pieno soddisfacimento dei bisogni primari, ha aperto il campo per dibattiti più avanzati e sofisticati, possibili, quasi sempre, solo in una società che ha la pancia piena.

L’emancipazione economica, sociale e culturale delle donne, la decriminalizzazione dell’omosessualità e la sua graduale ma sempre più completa equiparazione legale all’eterosessualità, la diffusione di una cultura della prevenzione delle malattie sessualmente trasmissione e del concepimento responsabile, la possibilità di compiere scelte in ambito sessuale senza interferenza da parte dello Stato e con un’influenza limitata da parte della tradizione sono tutte “primizie” delle società capitaliste che si sono sviluppate nella nostra parte del globo.

In definitiva la libertà sessuale è una conquista capitalista, occidentale e borghese ed appare poco sensato dirsene sostenitori senza provare affetto ed identificazione nei confronti di quello straordinario mix economico e culturale che l’ha generata.

Ma la libertà sessuale compendia ed incarna gli stessi princìpi del “libero mercato”. Innanzitutto, si basa sul consenso. Un’interazione sessuale libera si realizza solo quando entrambe le parti coinvolte acconsentono a essa e da essa traggano un beneficio. Nessuno può essere costretto legittimamente a fare sesso solo perché questo risponde a criteri “solidaristi”, redistributivi e di “equità di accesso”. Non c’è “socialismo” nel sesso. Il “bisogno” o la “protesta” non conferiscono alcun diritto.

C’è un solo modo legittimo di accedere all’amore ed è quello di scambiare “valore” per “valore” – cioè di offrire al partner un qualcosa, di materiale o immateriale, che lui o lei a sua volta ricerchi.

Non ci potrà mai essere una relazione di sesso o di amore eternamente squilibrata – in cui una parte ha diritto di prendere e l’altra ha il dovere di dare. Una relazione funziona solo se si dà qualcosa in cambio e se l’altra persona resta convinta nel tempo che quello riceve è all’altezza di quello dona.

Inoltre, il fatto che ci sia trovati d’accordo per fare sesso in un certo momento o per un determinato periodo non è sufficiente per far durare la relazione quando il consenso ormai non sussista più. Il consenso deve continuare d essere in atto per entrambe le parti in qualunque momento. Altrimenti fine. Fine subito. E qualunque tentativo di obbligare l’altra parte ad andare avanti, contro il suo consenso, è fuori da ogni dubbio “stupro”.

Insomma in amore non c’è il “diritto al welfare”; non ci sono trasferimenti eterni ed indefiniti dalla Lombardia alla Calabria; non c’è il “posto fisso”; non esistono “articoli 18”; se lui o lei ti lascia, non puoi sperare che lo Stato ti conceda il “reintegro”. Che dire? Siamo proprio al “liberismo selvaggio”.

L’amore e il sesso sono tendenzialmente meritocratici, ma “attenzione” – anche qui non si tratta di una meritocrazia “burocratica”, che procede per “titoli”. Non sussiste il “valore legale dei titoli” in questo campo. Puoi ritenere di avere tutte le qualità del mondo, ma in termini oggettivi non conta; conta solo quello che di buono in te è disposta a riconoscere l’altra persona.

Le scelte che afferiscono alla sfera affettiva e sessuale sono dunque scelte assolutamente soggettive. Ogni persona, quando seleziona un partner, ha il diritto di compiere qualsiasi tipo di discriminazione – può filtrare le persone secondo qualsiasi combinazione di criteri. Sulla base del sesso e dell’orientamento sessuale, certo, ma anche sulla base della posizione economica, del livello culturale, della comunione di interessi, ma anche della religione, della provenienza sociale o dell’origine etnica e razziale. E non importa quanto alcuni di questi criteri possano essere politicamente scorretti e al giorno di oggi deplorati, se non addirittura vietati, nella maggior parte degli ambiti. Qualsiasi scelta, in ambito sessuale ed affettivo è ritenuta assolutamente insindacabile e nessuna donna sarà mai chiamata a rispondere davanti ad un ispettore per non aver dato appuntamenti a musulmani o per aver preferito l’avvocato milanese figlio di papà al volenteroso operaio del Ghana.

In altre parole la libertà sessuale si basa sul diritto più “scandaloso” e più “di destra” di tutti – il diritto inappellabile a discriminare come meglio piace.

La posizione liberale, liberista e conservatrice in campo economico-sociale potrebbe, in definitiva, essere riassunta in maniera efficace proprio a partire dai concetti fondamentali della libertà sessuale – consenso, volontarietà di tutte le interazioni, diritto soggettivo ed insindacabile a scegliere con chi avere a che fare. In conclusione, si può tranquillamente dire che un moderno liberal-conservatore è qualcuno che crede a tal punto nella libertà sessuale                                                                                                                           fonte  http://www.atlanticoquotidiano.it/