Vittorio Feltri sul possibile lockdown a Natale

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Caro Nicola, tu ti preoccupi perché il prossimo Natale sarà triste e pure squallido, mentre a me di tutto ciò non importa un accidente. Mi preoccupa il diffondersi mostruoso del Covid non l’opacità di una festività ormai ridotta a orgia consumistica, avendo perso ogni afflato spirituale. Cosa vuoi che me ne freghi se bambin Gesù porterà meno regali ai ragazzini che aspettano ansiosi il 25 dicembre per ricevere dal cielo (ma quale cielo) un piccolo computer che magari accelera il loro rimbambimento. Ti dirò di più. Siccome anche io sono un vecchio rincoglionito che per favorire la pace famigliare si adatta alle tradizioni del menga, ho deciso di ricoprire di doni i miei nipotini, i quali sanno benissimo, non essendo tonti, che compro tutto io con i miei soldi per strappare loro un sorriso, figurati se bevono la favola che quel ben di Dio è portato da Gesù.

Noi pensiamo che i nostri discendenti siano talmente stupidi da non aver mangiato la foglia: lo sanno perfettamente che i balocchi e tutte le puttanate che rifiliamo loro a Natale sono finanziate dalla borsetta di mamma o di nonna. I cretini siamo noi adulti che raccontiamo ai piccini un sacco di scemenze nella speranza di renderli felici. Prendersela con Conte per come guida il governo è un atto dovuto, per carità, ma non possiamo arrabbiarci con lui perché ci raccomanda di evitare assembramenti attorno al panettone, che a me piace anche a gennaio, nel tinello di casa per compiere il rito del cenone. Ma che ce ne fotte del cenone, a me basta una minestrina, i dolci tipici me li mangio anche adesso a Milano sotto una coltre di nebbia. Le luminarie mi stanno sulle scatole. Quelli che non sapendo fare di meglio, mi consegnano un pacchetto a tavola contenente una sciarpa del cavolo li prenderei a calci nel posteriore. Figurati se mi aspetto da mio cugino Giuseppe una bottiglia di cognac. Ma se lo beva lui il liquore francese, io ho altri gusti e me li soddisfo a modo mio. Non c’è nulla di più noioso che ammuffirsi in sala da pranzo per tre ore, piatti che girano come giostre, bicchieri tintinnanti, chiacchiere idiote dalle 20 a mezzanotte, magari ti tocca mangiare vicino a un fesso che ti sgrida perché fumi un paio di sigarette. Io uno così non lo voglio in casa mia, preferisco conversare col mio gatto che manco miagola.

Grazie al destino non sono neanche in grado di apprezzare le zampogne dei pastori abruzzesi, visto che dalle mie parti non ne esistono, per nostra fortuna. Quanto alle strette di mano ne faccio volentieri a meno, odio che un palmo umido si appai al mio. Quasi quasi ringrazio il Covid che mi risparmia tante scocciature.