Alessandro Di Battista torna a parlare di cannabis e legalizzazione

0
61

Volete la regolamentazione della produzione e della vendita della cannabis? Allora evitate di farvi i selfie con una canna in mano. Si tratta di gesti infantili ed altamente controproducenti. Ricordano coloro che pretendono di ottenere un miglioramento dei diritti civili per gli omosessuali esibendosi in volgari forme di trasgressione durante i Gay Pride.

Ogni forma di comunicazione individualistica ed autoreferenziale allontana il raggiungimento del risultato. Ancor di più se riguarda battaglie che dovrebbero essere sociali e quindi collettive.

La fine del proibizionismo della cannabis è una battaglia sociale, oggi ancor di più, e va fatta in modo laico e razionale.

Proviamo a metter da parte per un istante presunti convincimenti, certezze ideologiche e dogmi religiosi e facciamoci una domanda semplice: “il proibizionismo ha funzionato?”.

Prima di rispondere vi do alcuni dati. In Italia ci sono oltre 6 milioni di consumatori di cannabis. Rimediare qualche grammo di hashish, piaccia o non piaccia, è facile come comprare un pacchetto di sigarette. L’unica differenza è che i guadagni miliardari di questo commercio non hanno fatto altro che rafforzare organizzazioni mafiose e criminali.

Il Prof. Marco Rossi dell’Università La Sapienza di Roma ha calcolato che regolamentare il mercato delle droghe leggere genererebbe 10 miliardi di euro per le casse dello Stato: 8 sarebbero i miliardi di nuovo gettito e 2 quelli risparmiati sulle politiche di repressione. Meglio far finire questi denari nel bilancio pubblico o nei conti correnti dei mafiosi in qualche paradiso fiscale?

La regolamentazione del mercato della cannabis produrrebbe un aumento del PIL tra 1,20% e il 2,34% e dato che (ahimè) sono ancora i parametri europei (su tutti il rapporto debito/PIL) a dettar legge, io questo dato lo terrei in considerazione.

Non tutti si stanno rendendo conto che è in arrivo una crisi economica e sociale peggiore di quella del 2012. Il Covid-19 ha accelerato un processo già in atto. Mi riferisco alla graduale sparizione più che di posti di lavoro di intere tipologie di lavoro.

Sempre secondo il Prof. Rossi (ascoltato in Commissione Giustizia lo scorso 18 febbraio) i posti di lavoro generati dalla regolamentazione della cannabis potrebbero essere più di 350.000.

Possiamo permetterci di non aprire questo dibattito?

Sapete cosa fece Franklin Delano Roosevelt nei primi 100 giorni del New Deal? Istituì il Civilian Conservation Corps (dal quale ho copiato l’idea del Servizio ambientale); approvò il Glass-Steagall Banking Act (una sorta di separazione tra banche d’affari e banche commerciali che dovremmo fare anche noi in Italia) e pose fine al proibizionismo degli alcolici. Guardate che la società americana di allora era puritana. Le perplessità che avevano a quel tempo sulla legalizzazione della produzione e vendita di bevande alcoliche erano le stesse che si hanno oggi in Italia rispetto alla cannabis. Eppure la fine del proibizionismo in USA distrusse il mercato nero e stimolò la creazione di posti di lavoro.

Anni fa, prima di entrare in Parlamento, scrissi un libro sui sicari latino americani e sulle bande criminali colombiane, honduregne e guatemalteche (le pandillas o combos). Ricordo che un capo di una banda di un quartiere caldo di Medellin mi disse: “fateci la guerra, buttate defoglianti sui campi, inasprite le pene ma solo una cosa non dovete mai fare: legalizzare!”